PLANTARI: UNA RISPOSTA DI SPESSORE

Mentre scrivo l’inverno è ancora lontano da terminare e nel mese di gennaio, con la ripresa delle attività, noto il consueto aumento di pazienti che lamentano dolore ai piedi. Nei mesi invernali la necessità di indossare scarpe chiuse e più “pesanti” per riparare i piedi dal gelo e dall’umidità, fa avvertire maggiormente il fastidio ai piedi.

Il problema si verifica anche nelle altre stagioni ma in inverno, il minor numero di alternative in termini di calzature può trasformare il fastidio in un problema cronico, per alcuni una specie di martirio quotidiano. Mi riferisco per lo più ai pazienti adulti e più anziani ma non di rado anche a giovanissimi che la natura ha dotato di un piedistallo meno solido.

METATARSALGIA

I pazienti si rivolgono ai medici e bussano alla mia porta con una diagnosi di METATARSALGIA, ovvero dolore nella regione del metatarso. Recepisco il messaggio e faccio parlare il paziente. Voglio sapere esattamente come avverte il dolore e quali altri fenomeni abbia osservato.

So di cosa si tratta ma solo facendo emergere l’esperienza soggettiva del paziente potrò successivamente spiegare la soluzione e motivare la persona a cooperare alla sua riuscita. Si perché tanto più la soluzione è semplice tanto più è difficile renderla credibile. Un paradosso? Niente affatto, una sofferenza prolungata non si placa con due parole o banalizzandone la soluzione.

Tutto questo per dire che tra i casi più frequenti su cui mi trovo a lavorare c’è proprio la metatarsalgia e le sue conseguenze e, eccezione fatta per quelle situazioni in cui l’intervento chirurgico sarà inevitabile, in molti altri casi la soluzione consiste in un plantare di adeguato spessore per scaricare la pressione nei punti di maggior carico.

Mi spiego meglio

In parole semplici, la metatarsalgia insorge quando l’arco plantare “cede” verso il basso e ciò facendo può determinare una serie di problemi tra cui l’alluce valgo, il quinto dito varo, le dita a martello, l’aumento di callosità su e tra le dita dovuto al mutato contatto tra di loro e con i materiali della scarpa.

In questi casi, supportato dalla diagnosi del medico, eseguo una valutazione degli appoggi e un’analisi computerizzata del passo che mi consentirà di localizzare e calcolare, con la massima accuratezza, come trasferire nel plantare i giusti spessori per dare sostegno all’arco del tutto o in parte “ceduto”.

Il seguito è piuttosto semplice: imposto il plantare a computer inserendo le dovute correzioni e avvio la fresa cad-cam per produrre il supporto nel materiale più adeguato.  Una volta terminato ha inizio la fase di finitura a mano con cui mi assicuro che il plantare sia correttamente riuscito poi il paziente viene a ritirarlo, un’ultima prova e da quel momento l’arco plantare avrà uno spessore a suo servizio.Si torna a respirare profondamente e in poco tempo il dolore si attenua, qualche volta sparisce. Nelle piccole cose risiedono grandi soluzioni.

 

Pierpaolo Gasparini