Rubrica

Cari lettori, colgo volentieri questo spazio per condividere con voi un po’ di positività di cui abbiamo tutti bisogno in questo periodo.

Come la volta scorsa racconterò di cose che mi succedono mischiando un pizzico di suspense alla narrazione.

Quindi si parte al contrario, dall’epilogo.

Siamo sempre a Bonate Sopra nel mio studio, un giorno di lavoro dopo la dichiarazione della Lombardia come zona rossa. Arriva una paziente per ritirare i plantari, sono concentrato perché avrà poco tempo, sta andando a lavorare. Consegno e questa volta dico grazie di tutto. Lei mi risponde candidamente: “grazie di cosa?”. Sorrido sotto la mascherina e dico arrivederci. Non vedo l’ora che arrivi il controllo per sapere come è andato il primo periodo di utilizzo.

La mattina di qualche giorno prima…..

Suona il campanello, dopo una manciata di secondi vado verso la porta dello studio per accogliere il nuovo appuntamento dopo aver dato uno sguardo all’agenda. Aspetto una signora e a seguire un’altra. In tempi normali sarebbero venute insieme visto che sono conoscenti ma adesso non si può…

Munito di visiera, mascherina fp2 e mani disinfettate saluto la paziente chiedo conferma del nome e le indico il disinfettante all’entrata dello studio. La mascherina della paziente è professionale, capisco che sorride da sotto la protezione mentre si disinfetta le mani.

Passo deciso, sguardo vigile e curioso mentre varca la porta della stanza dove faccio le valutazioni.

Ci sediamo e la Sig.ra Y mi ricorda di aver avuto il mio nominativo da sua sorella che ha risolto, grazie a me, quel dolore che la limitava nel lavoro. Annuisco, ricordo esattamente la sorella e il suo problema ma torniamo al racconto.

Nel breve tratto dall’ingresso alla stanza delle valutazioni è cominciato silenziosamente il mio lavoro, ho notato che la Sig.ra Y ha portato inconsapevolmente una mano al fianco.

Primo indizio.

La paziente parla veloce e sicura dei problemi per cui è venuta da me. Il linguaggio ha un qualcosa di troppo preciso che non sfugge al mio orecchio. Visto che non mi ha ancora detto che lavoro fa – anche se ho qualche idea – glielo chiedo. La sig.ra Y mi risponde e io accenno un inchino con la testa, per un attimo vedo il contesto, immagini, rumori. Recupero la concentrazione e la faccio proseguire nel racconto dei fastidi e la valutazione prosegue. Gonfiore agli arti inferiori, dolore sotto i piedi soprattutto quando è a lavoro, deambulazione alterata dai dolori ai piedi e risentimenti alla schiena.

Comincio la mia valutazione, impronte, analisi computerizzata del passo, postura, anche e schiena, questa volta ha guidato la paziente, succede a chi ha le idee chiare.

Stampo la valutazione e la mostro alla Sig.ra Y, ma i commenti giungono da lei, ha capito già tutto. E’ un’infermiera in uno dei reparti più stressanti in questo periodo. Durante il primo lockdown non aveva proprio il tempo di pensare ai suoi dolori a gambe e piedi ma aveva promesso alla sorella, una commessa di un negozio un centro commerciale, che mi avrebbe chiamato per la valutazione.

In realtà l’estate è passata senza che chiamasse, aveva sperato di riprendere con ritmi meno frenetici. Con la ripresa dell’allerta si è decisa a correre ai ripari e visto l’esperienza positiva della sorella si è permessa di prenotare anche per un’amica di professione barista – l’appuntamento successivo -.

Concordiamo sulla soluzione e sul fatto che per essere efficace il plantare vada portato almeno otto ore al giorno. La Sig.Y sorride e dice che non sarà un problema in questo periodo portare i plantari in reparto per quel numero di ore. Annuisco socchiudendo gli occhi. Vorrei dire grazie per il lavoro che fa ma taccio per pudore.

Questa volta consegnerò più velocemente del solito, non c’è tempo da perdere. Loro, il personale sanitario si occupano di noi e io nel mio piccolo sono felice di fare qualcosa per uno di loro.

Mentre l’infermiera esce entra la sua conoscente, la barista, e si riparte.

I miei pazienti vengono da una terra tosta dove non si molla e poter dar loro sostegno è un’opportunità per loro e una grande soddisfazione per me. Penso alle tre signore: la commessa, l’infermiera e la barista, che raccontano la loro esperienza ad altre persone e capisco che ognuno di noi può dare il suo contributo per far si che tutti si stia meglio.

Alla prossima volta.

Pierpaolo Gasparini.